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AFRICA: Burkina Faso 2008
I BEO GO!
“I BEO GO “ è il saluto di buongiorno che , in lingua
MORE’ , la gente del nord del Burkina
Faso si da’ nella gioia e attenzione
all’altro . Sono alcune delle cose che ho colto della mia visita agli inizi di
quest’anno in questo paese dell ‘Africa Occidentale . Da tempo pensavo ad un
viaggio in Africa , terra che ho imparato ad amare indirettamente grazie ad una
mia prozia missionaria Comboniana.
L ‘attesa di toccare con mano quanto sentivo ed
immaginavo di questo continente era mista al timore di restare forse delusa
scoprendo una realtà diversa da quella che ho anche sostenuto con diverse
iniziative con il gruppo missionario parrocchiale .
Sono arrivata di sera all ‘aereoporto di OUAGADOUGOU
capitale del del Burkina ; i controlli erano di una “calma” …non italiana ; ero
impaziente perché mi sembrava troppo il tempo impiegato per cose che altrove si
sbrigano più in fretta . Mi sentivo come “frenare” …percepivo di essere in un
altro contesto ed i miei parametri non potevano valutare di certo quanto stessi
vivendo in quel momento . Ho sentito che gli africani possiedono il tempo ,
diversamente dagli occidentali che lo rincorrono …e quella era una situazione che mi faceva un
po’ cogliere tutto questo , anche se dentro di me fremevo di uscire per
cominciare a toccare con i miei sensi un mondo che restava attraente e che
volevo scoprire .
All’ indomani ho visitato una riserva faunistica , ai
confini del Ghana , dove elefanti , antilopi di diverse specie, coccodrilli ,
babbuini e tanti tipi di uccelli , catturavano sempre di più la mia curiosità
.Subito dopo mi sono ritrovata in un bellissimo villaggio , dove si conservano
case dipinte in un modo particolare , molto belle ed interessanti e riservate
al capo villaggio ( CHEF) . La mia prima attenzione fu per i bambini che erano
all ‘ingresso di questa riserva : immediato fu il feeling con loro tant’è che
ci ritrovammo subito a tirar calci ad una bottiglia di plastica tra le risa nel
vedermi giocare con loro . Altri bambini mi attendevano nella parrocchia di
Barsalogho a nord (150 km dalla capitale ) ed era ciò che tenevo più a cuore
dal momento che nel mio soggiorno burkinabè vi era anche il gemellaggio tra la
scuola elementare della parrocchia e quella del mio paese .
A Barsalogho , cittadina di poco meno di 10.000 abitanti
, il mercato cade ogni tre giorni . E’ curioso e nello stesso tempo
sorprendente come quest’appuntamento settimanale è l’elemento per calcolare lo
scorrere del tempo..( es. dopo il il 23 °giorno di mercato etc..) , un
calendario tipicamente africano , ritmato da ciò che più conta nella vita della
gente : il giorno del mercato .
Passando tra le diverse “bancarelle” si percepiva l’attenzione dei venditori , tra
sorrisi sinceri e continue richieste di essere fotografati ,non tanto
interessati a vendere quanto richiamati dalla presenza di una donna bianca attratta
dalla loro merce . Vederli cosi divertiti nel farsi fotografare e poi ancor più
nel rivedersi sulla digitale era per me un continuo sprone ad essere
disponibile .
Vederli ridere cosi’di gusto era un’opportunità di
sentire la spontaneità e l’umanità pulita di questa gente .
Legata al giorno di mercato è la produzione di birra
locale DOLO’ , preparata facendo fermentare il miglio , uno dei cereali base
dell’alimentazione , bevuta nei CABARET tra l’allegria causata non solo
dall’alcool , ma dal piacere di ritrovarsi insieme .
Ho condiviso alcuni sorsi
da una CALEBAS ( contenitore a forma di ciotola ricavata da una zucca )
offertami con grande accoglienza e simpatia .
Accoglienza e simpatia ritrovate anche visitando alcuni
quartieri , tra le varie occupazioni quotidiane della gente : filare il cotone
, modellare contenitori in argilla (canari’ ), pilare il miglio . Sono rimasta
sorpresa di come la gente offra il “NIENTE “ , il poco ed essenziale che ha ,
ma con grande generosità, direi con grande CONDIVISIONE .
In realtà questo è uno dei valori che si riscontra nella
famiglia africana tribale . Non ci sarà mai un regalo fatto ad una persona che
non sia condiviso e conosciuto da chi è
stato fatto . Ho regalato delle croci missionarie la sera facendo visita ad una
famiglia e all’indomani fuori dal cancello dei Padri Bianchi , i missionari che
mi hanno ospitato , c’erano tanti altri che avrebbero voluto averle…
Ho potuto apprezzare i frutti dell ‘evangelizzazione dei
Padri Bianchi , più corretto scrivere Missionaires d’Afrique , dopo più di un secolo
di presenza : 11 diocesi con tutti vescovi locali , famiglie religiose locali
con carismi diversi , tante vocazioni sacerdotali e religiose , scuole , pozzi
dispensari ed altre strutture di promozione sociale . Si percepisce davvero la
potenza della Parola di DIO che dà frutti sperimentati anche nella bella messa
domenicale in mezzo ad una assemblea gioiosa con ritmi tipicamente africani .
Porto ancora scolpito nei miei ricordi la recita del
rosario missionario alla sera sotto la volta del cielo cosi’ fortemente
stellato che permetteva che la preghiera toccasse con mano con i suoi benefici
quel luogo per il quale ogni lunedi’ con il gruppo missionario parrocchiale
abbiamo alzato le mani al cielo a sostegno delle missionarie / i e dei problemi
legati all’evangelizzazione .
Rosanna Moretti
AMERICHE: Bolivia 2010
La nostra Bolivia
Noi abbiamo
goduto soprattutto della primavera spirituale che si respira visitando questi
luoghi. Siamo partiti a metà gennaio rispondendo all’invito di suor Bruna
Pierobon, missionaria Rosaria che vive da anni a Cochabamba. Il gruppo missionario parrocchiale aveva
sostenuto uno dei suoi progetti relativo alla costruzione di un laboratorio
artigianale femminile e quindi avere l’opportunità di visitarlo e di rendersi
conto di persona della preziosa ed instancabile opera dei missionari ci ha
molto allettato.
Dopo un viaggio lunghissimo, siamo giunti in tarda
serata. Il buio intorno contribuiva a velare di mistero quello che ci
aspettava, le persone che avremmo incontrato e le esperienze che avremmo
vissuto. Ma l’accoglienza di suor Bruna così calorosa all’aeroporto e poi delle
novizie della sua comunità ci ha da subito comunicato gioia e senso di
fratellanza anche a migliaia di kilometri da casa: il riconoscersi uniti non
solo nella stessa fede, ma in quella fede che, grazie a Cristo, fa sentire
vicini.
Il primo mattino boliviano inizia, così come tutti i
successivi della nostra permanenza, con la recita delle Lodi e la S. Messa celebrata
dai nostri sacerdoti nella piccola Cappella delle Suore in un’atmosfera
rarefatta di grandissima pace, inebriati anche dal profumo dei fiori del
curatissimo giardino.
La città di
Cochabamba, che ci apprestiamo a scoprire, è nella zona occidentale della
Bolivia in un altopiano sulla Cordigliera delle Ande, a circa 2.500 mt di
altitudine. È molto estesa, ma solo una parte di essa appare come una tipica
città secondo i nostri canoni occidentali, con arterie commerciali, uffici
finanziari e zone residenziali. Per il resto si presenta come una sterminata favela
in cui la gente vive per strada durante il giorno, lì mangia, lì commercia
generi di prima necessità, lì svolge gran parte delle attività quotidiane. La
città è dominata dall’imponente statua del Cristo de la Concordia, più
alta di quella di Rio de Janeiro, che sembra avvolgerla in un grande e caloroso
abbraccio. Vi è una zona centrale più antica risalente all’epoca coloniale con
piazze caratteristiche contornate da portici e chiese
con statue riccamente addobbate nello stile tipico delle cattedrali spagnole.
Il primo approccio con il mercato campesino, i suoi colori, i suoi odori intensi è davvero forte. Ci arriviamo col mezzo pubblico del posto chiamato micro collectivo, una sorta di piccolo autobus alquanto fatiscente, ma coloratissimo, sul quale si scoprono interessantissimi volti dai tratti somatici tipici delle etnie locali, in particolare quella quechua. Vediamo montagne di frutta ed ortaggi stese per terra e poveri vagare alla ricerca di qualche resto tra i rifiuti. Bambini di ogni età, spesso a piedi nudi, che scorazzano sotto lo sguardo attento delle madri quasi tutte vestite con il tipico abbigliamento del posto: ampia gonna a balze di stoffa pesante e immancabile cappello a bombetta, più tipico della capitale La Paz o a falde larghe proprio di Cochabamba e stoffa coloratissima chiamata aguayo sulle spalle a mò di sacca dove in genere trasportano i neonati.
Siamo colpiti
di come Suor Bruna sia conosciuta e amata da tutti, frotte di bimbi si
avvicinano a lei e donne spesso dallo sguardo triste e dal viso provato le
stringono la mano. La situazione politica in Bolivia è critica, la gente vive
in condizioni di estrema povertà e spesso la nostra Chiesa sopperisce anche
alle lacune statali. Abbiamo assistito, ad esempio, alle lunghe e stressanti
procedure per ottenere un certificato di nascita o di riconoscimento della
paternità. Suor Bruna si fa carico di ciò accompagnando i campesinos che
spesso non sono autonomi e non hanno capacità di autodeterminarsi, nelle
peregrinazioni tra i vari uffici, tra i burocrati, in situazioni che appaiono
spesso kafkiane. Anche la situazione religiosa ovviamente risente di quella politica, la popolazione spesso è
ancora attaccata a riti pagani o a sette, ma ci siamo resi conto che la Chiesa
Cattolica agisce ed opera dappertutto e la gente che è toccata dall’annuncio di
Cristo recupera una dignità e una forza incredibili. La Chiesa agisce
attraverso le sue membra, ossia sacerdoti e suore meravigliosi che abbiamo
avuto la fortuna di conoscere. E allora ci siamo resi conto che non si può
credere in Cristo ed amarlo senza amare la Chiesa incarnata in quegli uomini ed
in quelle donne che vivono e diffondono il grande e rivoluzionario messaggio
evangelico.
Monsignor Tito Solari è Arcivescovo di Cochabamba. Bella figura di sacerdote missionario salesiano da 36 anni in Bolivia dove è andato a patto di rimanerci tutta la vita. Ci racconta, con il suo garbo e la sua affabilità, che suo padre era un anticlericale che non ha mai accettato l’idea di avere un figlio prete! Ci narra episodi interessantissimi e toccanti della sua lunga esperienza nella Chiesa latinoamericana in tempi molto difficili. E’ bello vedere come ci sia un’atmosfera di grande famiglia tra il Pastore ed i suoi sacerdoti e le sue religiose. Insieme danno corpo a quella grande istituzione che è la Chiesa di Dio che opera attivamente per il bene di tutti. Padre Peppe Gallo, sacerdote missionario salesiano piemontese, ora Parroco della sterminata Parrocchia di Santa Maria Ausiliatrice, ci conquista con la sua allegria contagiosa e con la sua freschezza spirituale. Ci racconta episodi della sua esperienza missionaria sempre guidata dalla Provvidenza.
Suor Maddalena, suora missionaria rosaria da tantissimo tempo in Bolivia, dirige l’hogar, ossia una sorta di orfanotrofio-casa famiglia per bambine abbandonate o che hanno subito maltrattamenti e violenze. È un’oasi di pace e serenità che spunta inaspettatamente nel bel mezzo del caos cittadino. Siamo accolti da sorrisi e abbracci. Le bambine ci mostrano tutto il loro bisogno di affetto. Suor Maddalena, la “mamma” di tutte, con due occhi che raccontano la gioia cristiana ed un bel viso accogliente, ci dice che ha voluto regalare la bellezza a quelle bimbe sofferenti curando anche ogni minimo particolare della casa, come il giardino, le camerette linde e colorate, l’aria sempre festosa, perché la bellezza avvicina a Dio e “salverà il mondo”, come diceva Dostojevsky. C’è qualcosa di strano che aleggia in quel posto, qualcosa che ci comunica amore, saranno quegli angeli invisibili che, come dice suor Maddalena, vegliano su ogni bambina. E sarà la Provvidenza Divina che, ancor più in quel luogo, fa sentire la sua presenza. All’interno della casa c’è una bellissima statua del Sacro Cuore di Gesù che Suor Maddalena ha voluto con sé dai tempi del suo noviziato. Un po’ come la Croce per il Don Camillo di Guareschi, quella statua ha accompagnato ed accompagna quella piccola grande suora e guida i suoi passi nella sua preziosa opera missionaria.
Ma l’opera della Provvidenza la tocchiamo con mano anche durante la visita della Casa de los ninos, retta da Aristide, un focolarino emiliano, che ha trascorso gran parte della sua vita tra Cile e Bolivia. Si prende cura dei bambini malati di HIV, un’opera grandemente meritoria, considerando il tipo di malattia e il genere di sofferenze che comporta. Aristide ci mostra anche un’area della struttura in cui sono in fase di costruzione, grazie alle donazioni, delle piccole abitazioni per famiglie bisognose e con bambini malati. Intanto, vi è una scuola in funzione ed un asilo infantile. Insomma tutta la casa appare come autosufficiente e funzionante. Aristide è aiutato da volontari italiani che spesso si recano lì per lunghi periodi o, addirittura, vi rimangono. Ci colpisce la piccola cappella con una statuetta di Cristo in legno senza braccia né gambe perché, ci spiega Aristide, i missionari ed i volontari sono le braccia e le gambe di Gesù!
Visitare queste due realtà ci ha colpiti profondamente e ci ha confermato che non si può donare tanto amore in situazioni di grande sofferenza e di disagio se non si è pieni di Cristo. Quei sacerdoti, quelle suore riescono a scorgere il volto di Gesù in quelli che incontrano sulla loro strada. Allora riusciamo a capire come i missionari possono resistere in condizioni così difficili, come possono essere felici e trasmettere la felicità agli altri anche in realtà così misere e travagliate, perché la luce di Cristo dona un quid pluris alla propria esistenza e all’esistenza di chi è toccato dalla loro opera.
Ce ne rendiamo conto ancor più assistendo il sabato all’accoglienza di famiglie povere da parte di suor Bruna e delle sue novizie. Prima, tutti in cappella per pregare insieme e ascoltare l’annuncio della Parola. Suor Bruna ci conquista e ci commuove per come riesce a trasmettere a quelle persone l’amore di Cristo. Poi tutti vengono rifocillati, infine qualche momento di svago insieme col gioco della tombola nella quale si mettono in palio piccoli contenitori con l’acqua, bene prezioso da queste parti! Sono gli unici momenti di serenità per quelle persone. Suor Bruna e le sue ragazze le fanno sentire amate e usano nei loro confronti ogni premura. La nostra carissima suor Bruna ci spiega che l’opera missionaria non è solo sostentamento materiale, cosa senz’altro primaria per chi non ha nulla, ma è insegnare a cambiare vita. La grandezza del messaggio cristiano sta proprio in questo, nel cambiamento di rotta e nel dare nuovo senso alla propria vita animati dalla speranza.
Nei villaggi sulle Ande a 4000 mt di altitudine, dove le condizioni di vita sono estremamente dure, questa luce cristiana è particolarmente visibile. Ci accompagna in questa avventura andina, a bordo di una Toyota carica di viveri da distribuire sulle montagne, suor Fulvia, una straordinaria missionaria, piena di vita, in Bolivia da molti anni, che parla un simpaticissimo spagnolo con accento veneziano. La prima volta che l’abbiamo conosciuta era a bordo di una moto! Con questo mezzo si sposta per la città per svolgere anche l’altra sua missione, quella di infermiera.
Amano a mano che saliamo di quota, con una nebbiolina intorno che spesso ci oscura il magnifico paesaggio circostante verde e disseminato di una strana vegetazione chiamata pacabrava, cibo dei lama, suor Fulvia suona il clacson e orde di bambini escono dalle casupole di fango e paglia per salutarla e raccogliere scatole di biscotti ed altri viveri lanciati da lei attraverso il finestrino col suo inconfondibile sorriso.
Alcuni piccoli villaggi non sono raggiungibili a causa delle piogge dei giorni precedenti. Riusciamo quindi a far sosta solo a Pongo e Posota, dove conosciamo Padre Crispin, parroco di una Parrocchia incredibilmente estesa tra le montagne, che macina kilometri e kilometri per annunciare il Vangelo. La sua chiesetta parrocchiale in pietra ci comunica un’emozione fortissima! I missionari hanno costruito anche scuole ed infermerie da queste parti. Assistiamo ad una riunione dei capi tribù tutti abbigliati a festa per l’occasione, con aguayo coloratissimi e chullos, i tipici copricapo in lana lavorata. Suor Fulvia ascolta le necessità della comunità e dà lezioni di vita, cercando di far capire a quella gente l’importanza della scuola per i loro figli, dell’educazione e dello studio per diventare uomini liberi. E’ davvero emozionante per noi renderci conto del ruolo fondamentale dei missionari per la vita di quella gente sperduta fra quelle montagne. Solo loro affrontano viaggi spesso pericolosi per raggiungere quelle persone anche nei posti più sconosciuti.
In questa continua scoperta dell’opera della Provvidenza in questi luoghi spesso impervi e lontani dal mondo, abbiamo avuto la possibilità di conoscere anche il Dott. Pietro Gamba, medico anestesista italiano con una bellissima storia di vita alle spalle guidata proprio dal disegno di Dio.
Il dott. Gamba
era stato in gioventù in Bolivia per il servizio civile grazie ad un amico
sacerdote. Impressionato dalla vita dei campesinos, torna in Italia per
studiare medicina e, completati gli studi, fa definitivamente ritorno in
Bolivia dove mette su una bella famiglia con una biologa del posto e, insieme a
lei, costruisce ad Anzaldo, un villaggio di poche anime distante più di due ore
da Cochabamba, una clinica chirurgica che opera grazie alle donazioni.
L’abbiamo visitata conoscendo anche storie incredibili di sofferenza. È un
ospedale diverso dagli altri, il dott. Gamba fa ricorso anche ad un’altra
medicina, l’amore! Lo si percepisce parlando con lui, vedendo quanta passione
mette nel suo lavoro e quanto sia animato dal desiderio di aiutare i poveri ed
i più deboli spesso senza compenso.
Abbiamo compreso, anche in questo caso, che quello che spingeva il dott. Gamba a curare i suoi pazienti quotidianamente con amore, era la luce di Cristo che è nel suo cuore e la sua fede. Dalla cameretta di Emilio, un paziente della clinica in grave condizioni ma in fase di miglioramento grazie alle cure attente e premurose, si possono guardare i campi circostanti, la natura rigogliosa che comunica gioia e speranza di vita. E la speranza, la gioia di vivere e la forza di combattere trapelano nell’attività di quel grande medico.
Abbiamo compreso, anche in questo caso, che quello che spingeva il dott. Gamba a curare i suoi pazienti quotidianamente con amore, era la luce di Cristo che è nel suo cuore e la sua fede. Dalla cameretta di Emilio, un paziente della clinica in grave condizioni ma in fase di miglioramento grazie alle cure attente e premurose, si possono guardare i campi circostanti, la natura rigogliosa che comunica gioia e speranza di vita. E la speranza, la gioia di vivere e la forza di combattere trapelano nell’attività di quel grande medico.
Quello che ci ha maggiormente colpito in questa esperienza boliviana è stato riscontrare la purezza della fede. Noi in Occidente abbiamo purtroppo perso l’essenzialità dell’annuncio evangelico, spesso appesantendo la nostra fede di sovrastrutture mentali che allontanano da un rapporto vero con Cristo e la Sua Parola. E’ stato commovente assistere alle celebrazioni eucaristiche dove la gente partecipa in gran numero e spesso fa chilometri per assistere alla S. Messa. I canti che accompagnano le celebrazioni sono sempre festosi e spesso dei veri e propri concerti a significare l’allegria per la presenza di Gesù in mezzo a noi. Don Silvio e Don Gianfranco hanno potuto fare esperienza diretta celebrando la S. Messa in spagnolo e amministrando il battesimo a dei bambini.
La fede vera, nel senso di abbandono fiducioso
all’amore di Gesù, trapela dagli occhi di quella gente. Noi viziati
occidentali, ammalati di delirio di onnipotenza, che pensiamo di dominare il
mondo e la nostra vita, rimaniamo sconvolti dalla freschezza spirituale che si
percepisce in questi luoghi dove il messaggio di Gesù è arrivato e vive in
tutta la sua genuinità.
Tutto ciò si manifesta ancor più visitando i Santuari come quello dedicato alla Virgen de Urkupina, nei dintorni di Cochabamba a Quillacollo dove ci accompagna Suor Bruna negli ultimi giorni del nostro soggiorno.
La Vergine è molto venerata e la chiesa è sempre gremita. L’altare di quella chiesa ci colpisce, un’esplosione di angeli che con le loro ali sostengono il tabernacolo. Una meravigliosa sorpresa prima della nostra partenza è stata la visita delle bimbe dell’hogar venute con suor Maddalena a salutarci. Ci siamo affezionate molto a quelle creature che sono tornate a sorridere e ad una vita serena grazie alle suore missionarie, così come ci sentiamo legatissime a suor Bruna ed a tutte le meravigliose ragazze della sua comunità che ci hanno regalato questa indimenticabile esperienza.
Tutto ciò si manifesta ancor più visitando i Santuari come quello dedicato alla Virgen de Urkupina, nei dintorni di Cochabamba a Quillacollo dove ci accompagna Suor Bruna negli ultimi giorni del nostro soggiorno.
La Vergine è molto venerata e la chiesa è sempre gremita. L’altare di quella chiesa ci colpisce, un’esplosione di angeli che con le loro ali sostengono il tabernacolo. Una meravigliosa sorpresa prima della nostra partenza è stata la visita delle bimbe dell’hogar venute con suor Maddalena a salutarci. Ci siamo affezionate molto a quelle creature che sono tornate a sorridere e ad una vita serena grazie alle suore missionarie, così come ci sentiamo legatissime a suor Bruna ed a tutte le meravigliose ragazze della sua comunità che ci hanno regalato questa indimenticabile esperienza.
Lucia Valori
ASIA: Assam 2011
“
SII TU LA MIA LUCE ”
E’ lo slogan scelto dal
gruppo per accompagnare le diverse iniziative proposte, durante l’estate
scorsa, per la raccolta fondi a sostegno
del progetto: “ JYOTI NIKETAN “ ( Casa della luce) ; una scuola- convitto per
bambini ciechi delle missioni” MAESTRE PIE VENERINI” , nella regione ASSAM nel
nord- est dell’INDIA.
La famiglia delle suore “Maestre Pie Venerini” cresce e si espande
con ben 19 comunità, sparse dal nord al sud dell’India. Fedeli al
carisma di Santa Rosa Venerini ,la fondatrice
(Viterbo, 9 febbraio 1656 - Roma, 7 maggio 1728), le suore, oggi tutte
autoctone, si dedicano all’insegnamento e all’educazione di bambini ,
adolescenti e giovani sia nelle scuole , aperte a tutti senza distinzione di casta , religione e
cultura, e sia nelle parrocchie .
Educare per salvare è
il motto che anima le Maestre Pie Venerini nel continuare l’Opera del
Signore voluta dalla loro Fondatrice ed irradiare nel mondo il carisma
della Santa Madre: liberare dall’ignoranza e dal male perché sia visibile il
progetto di Dio di cui ogni persona è portatrice.
Sono varie le attività che esse svolgono , ma la perla del
loro servizio è quello reso ai BAMBINI
CIECHI. Molti,infatti, sono i ciechi in
India specialmente nella regione di Assam ; qui vi sono due delle loro scuole-
convitto , la “JYOTI NIKETAN” che accoglie bambini dalla scuola materna
fino alla settima classe e poi la “MONFORT SCHOOL " dove i ragazzi continuano gli studi superiori.
I bambini ospitati
appartengono a famiglie molto povere che vivono nei villaggi interni ,
schiavi di superstizioni fino al punto da considerare l’handicap dei figli come
una punizione di Dio e non dovuta,
come in realtà è , a mancanza di igiene
, ad insetti , a carenze alimentari cioè
a cause dovute alle condizioni di concreta povertà materiale e culturale . I
genitori si vergognano di mostrare i loro figli ciechi , che sono condannati, per lo più, a restare in
casa nell’ignoranza e
nell’abbandono o a chiedere la carità nelle strade, esposti a tante umiliazioni e sofferenze
e non di rado fino alla morte .
Quanti talenti sarebbero andati perduti se questi bambini
non fossero approdati alla CASA DELLA LUCE !
Il lavoro delle suore e degli insegnanti è tanto ed è molto delicato; i bambini quando vengono accolti da loro sono
disorientati , incerti ,timidi e soprattutto in condizioni di salute molto
precarie. E’ necessario pertanto rassicurarli , infondere loro fiducia , dare
loro tanto amore e attenzione , così che nel nuovo ambiente raggiungano presto
quell’autonomia sufficiente per svolgere
ogni attività , dal tenere in ordine le proprie cose , all’igiene
personale .
Le due scuole seguono
i programmi di quelle governative, usando il metodo BRAILLE specifico per la
scrittura dei non vedenti.
Inoltre, imparano le danze
tradizionali e a suonare gli strumenti indiani ed occidentali.
E’ una grandissima soddisfazione vedere brillare di gioia i
volti dei bambini quando riescono a fare bene le cose! Il sacrificio delle suore -tutte giovani - la loro grande
dedizione che questa missione richiede ,
sono certamente ben ripagati da
quei risultati raggiunti ma
soprattutto dall’affetto
spontaneo di queste splendide creature , capaci di tanta tenerezza .
Le spese da affrontare sono molte , ma la PROVVIDENZA non li
ha mai deluse ... Per raggiungerle si serve di chi , sentendo il bisogno di
abbracciare il mondo , si volge in modo particolare ai più emarginati , pronti
a dar loro una mano .
L’amore autentico è capace di “ aprire gli occhi “anche ai
ciechi, perché infonde nel loro cuore tanta gioia di vivere , recuperando ogni spazio come se tutto fosse nella luce , tutto “visibile”nei particolari.
E’ la gioia di
vivere- quella che ho sperimentato in mezzo a loro- che dona “ occhi
supplementari” ... si , è il miracolo di chi sa amare , di queste suore che
sanno dire e far sperimentare a questi bambini : “ tu conti per me, tu sei
prezioso ai miei occhi”, traducendolo in diversi atteggiamenti avuti anche nei
nostri confronti.
Suor Shyni, superiora delle suore, non conosceva l’italiano
eppure ci preveniva sempre in tutto quello di cui avevamo bisogno; non gli
sfuggiva nulla e la sua sollecitudine ed attenzione verso di noi era sorprendente, non difficile certamente per
un cuore allenato ad amare questi bambini talvolta in modo “ eroico”.
“Casa della Luce”, nome appropriato direi, si, per la Luce
colta sui volti di tutti i bambini e su quelli delle Sorelle, che ha un’unica sorgente: l’AMORE vero , AMORE
che le suore sanno attingere da Cristo Signore. “ LUCE” che
continuerà a diffondersi anche quando un
giorno molti di questi bambini diventeranno MAESTRI di altri bambini ciechi.
Essi saranno, allora ,sorgente di quella “LUCE” che oggi sperimentano; sapranno offrire l’ amore che oggi ricevono dalle Suore,l’ amore
riflesso di Dio.
Cos’altro dire del viaggio iniziato il 4 febbraio e
terminato il 18 febbraio 2011 con destinazione GUWAHATI nella regione ASSAM nel
nord est dell’INDIA,ai confini con il Bhutan , Cina , Bangladesh e Myanmar ?
Cosa si può raccontare
, come si può raccontare questo
viaggio? questa esperienza ? Ciò che “ho colto con lo stomaco” ,” con i
polmoni”, “con gli occhi” ?
Ci sono parole troppo piccole ed inadeguate per reggere lo
sguardo di un bambino indiano , parole troppo fragili per raccontare la “nebbia
“ che scende come un velo sulla città . L’india è nel profumo inebriante di
terra, di spezie , di uomini ; è nei
bisbigli della gente , nei mercati e nei templi , nel vociare continuo fatto di lingue e dialetti
che si mischiano e danno vita ad una lingua
difficilmente scrivibile e impronunciabile
per noi occidentali ,come : “ Kurvangthoo”… “
Jisuna Rasong” …“Khublei “ … che è semplicemente uno dei tanti modi per
dire: Benvenuti!
“BENVENUTI” è
stato il filo conduttore che ci ha accompagnati nei vari spostamenti
indiani fino a diventare la porta di accesso alle diverse realtà toccate nel
nostro soggiorno in India .
“WELCOME” è il primo
“Benvenuti” datoci insieme alla GAMUCHA
o sciarpa del benvenuto ( in tela Assamese ) dai bambini ospiti della
CASA DELLA LUCE
“JISUNA RASONG” , in
lingua GARO del villaggio Ekrabarì dopo alcune ore di cammino all’interno della
foresta salendo verso un monte per la
celebrazione dell’EUCARESTIA
“KURVANGTHOO”…in lingua Karbi dei sei villaggi nella foresta
toccati dal servizio delle Suore .Vere e
proprie feste con il rito della consegna della Gamucha ,organizzate in occasione della nostra visita .
“KUBLEI” , nella verde montagna di Shillong (Megalaya ), in
lingua Khasi dove ad attenderci c’era
brother Thomas (missionario monfortiano
) con i suoi ragazzi
L’accoglienza indiana è stata altra “Luce” che si è aggiunta
a quella della “Casa della Luce”. Ogni uomo, in fondo, ne ha una sua propria e
la riflette per ciò che porta nel cuore e soprattutto per ciò che dà senso , serenità e gioia alla sua vita .
Un viaggio LUMINOSO dunque …perché ogni uomo ,è in se stesso , LUCE RIFLESSA .
NAMASTE’ INDIA , Grazie India .
Rosanna Moretti
Purnima
Quindici giorni passano in fretta e dopo un lungo viaggio si
torna a casa ma nei pensieri resta l’INDIA
e tutte le emozioni vissute. I
bambini , le risate , le canzoni e continui a parlare di questa grande bella
esperienza fino a quando un giorno mentre racconti quanto hai visto ti rendi
conto di essere tornata VERAMENTE a casa
.Torni alla realtà quando con superficialità qualcuno ti chiede : “ perché
invece di spendere i soldi per il viaggio non li avete spediti a quei bambini ?
sicuramente li avrebbero usati per tanti progetti “ . E allora come spiegare il
bisogno di affetto di una piccola bambina di nome PURNIMA abbandonata davanti
al cancello delle suore di Madre Teresa di Calcutta ? Una bimba di cinque anni che avrebbe dovuto
giocare felice in un asilo e invece è già a scuola ad imparare a leggere e
scrivere . Brava e obbediente ma spesso triste . Tutti sono più grandi di lei .
Sola appoggiata ad una finestra sembrava pensierosa , forse pensava alla sua mamma . E quando la prendevi in braccio si attaccava
come un piccolo koala , sembrava voler prendere tutto l’affetto per farselo bastare anche quando saremmo
andati via e lei sarebbe rimasta di
nuovo sola vicino alla finestra . Non ci sono soldi che possono ripagare
l’amore e non ci sono parole che possono riuscire a spiegare emozioni che non
vivi . Cosi speriamo che l’anno prossimo non saremo solo in 6 a partire ma in
60 . Tutti insieme uniti con poco possiamo fare tanto .
Rosanna De Filippis
Gli angeli della terra
Nella mia prima esperienza in terra di missione ,forse non
basterebbe un libro per raccogliere ( solo ) le sensazioni ed emozioni provate
: Sicuramente una di queste è vedere quei bambini ciechi ospitati nella CASA DELLA LUCE ma non potrò mai dimenticare la visita alla
MONFORT SCHOOL , un istituto molto più grande . Li gli ospiti sono i ragazzi
ciechi ma anche sordo muti ed alcuni con
seri problemi di salute : Naturalmente
parliamo sempre di ragazzi estremamente poveri ed abbandonati , con un età compresa tra i dodici e i sedici
anni .
Quanta sofferenza ho provato nel vederli
, sofferenza che ha subito lasciato il posto ad un emozione ancora più
forte : la gioia di condividere con loro una celebrazione Eucaristica dove il
sacerdote riusciva contemporaneamente a
far arrivare a tutti la Parola di DIO . Noi non possiamo immaginare quanto sono
bravi i ragazzi nel vivere la loro giornata con gioia e serenità aiutandosi a
vicenda … Pensiamo di esserne capaci anche noi ? Noi che ci urtiamo anche per
dei futili motivi ? Allora credo che un esperienza cosi dovremmo farla un po’
tutti per riscoprire quanto noi siamo fortunati e quanto siamo irriconoscenti a
chi ci ha dato la VITA .
Un'altra forte scossa al cuore l’ho avvertita in visita
all’istituto delle SUORE MISSIONARIE DELLA CARITA’ , meglio conosciute come
Suore di Madre Teresa di Calcutta.
In una grande
stanza al piano superiore dell’istituto ,abbiamo incontrato signore che
prestavano le loro braccia in aiuto alle suore per accudire i tanti neonati
abbandonati perché malati Nei lettini
tutti colorati i loro grandi occhi bellissimi ed innocenti risaltavano come non
mai !
Ma non era solo questo il servizio reso dalle suore ,Tutte
le mattine , dopo l’adorazione del SANTISSIMO , a turno escono per le strade
della città ed individuano le persone sole e malate in condizioni veramente
pietose e li invitano a stare un po con loro in attesa di trovare una
sistemazione dignitosa . Ricordo questo cortile dove malati di tubercolosi attendevano con molta discrezione , un tuo
sorriso , un saluto . e all’istante li
vedevi felici di questa tau attenzione rivolta a loro.
In India ho visto tanta povertà ma anche tanta umanità e
amore donato soprattutto da parte delle
tante suore incontrate che io chiamavo GLI ANGELI DELLA TERRA !
Rosanna Tiberio
Rosanna Tiberio
Dio nel cuore
...Non basterebbe una sola giornata per descrivere l’India ,
in particolar modo la CASA DELLA LUCE dove noi siamo stati ospiti.
40 bambini ciechi che non vedono la luce ma hanno la luce
dentro e la trasmettono a chiunque si
trovi vicino a loro.
Le suore si prendono cura di loro giorno dopo giorno ,
momento per momento , donando ai bambini quella sicurezza che i genitori sono
stati impossibilitati nel l’assicurarla.
Se non avessimo saputo che fossero ciechi non l’avremmo
capito , poiché sono autonomi nel gestire la loro giornata , come prendersi cura della loro igiene personale ,
svolgere le faccende domestiche ed
ancora tante cose.
Durante il nostro soggiorno abbiamo potuto testare con mano
quanto sia bella la vita di comunità .
La vita scorre lenta
nei villaggi e nonostante la loro povertà s’incontrano sempre persone dal volto
sereno pronti a donarti un sorriso . Ed
allora durante un pellegrinaggio verso EKRABARI per partecipare ad una
Celebrazione Eucaristica , il pensiero che ti raggiunge è uno solo :
Non servono tante
cose per vivere bene o per essere felici ma basta avere DIO nel cuore ed andare
avanti facendo la volontà che Lui ha pensato per noi !
Vittoria Saraceni e Felice Picciariello
Vittoria Saraceni e Felice Picciariello
“Consolata “, mi rendo conto che non è
solo il nome della congregazione missionaria , nata nel 1911 dal Beato Giuseppe
Allamano perché la “Consolazione di
CRISTO “ si estendesse al mondo intero , ma mi rimanda a quanto colgo come
effetto di cuori carichi di grande
umanità , carichi di un amore piuttosto
femminile, materno che sa riversarsi su questa parte d ‘ Africa, la TANZANIA.
Cento anni e più di
vita missionaria sono trascorsi in questo luogo ,benedetto dalla presenza
di queste suore . La loro vita è fatta
di avventura, di passione missionaria :hanno percorso strade a piedi , sui muli , sulle biciclette ,
motociclette e macchine tutta la diocesi di Iringa . Hanno annunciato e
insegnato la Parola
di Dio , battezzato molte persone , soprattutto in punto di morte , preparato
molte ragazze ad assumere il loro posto nella comunità come mamme e anche come
persone consacrate fondando le TERESINE,
una congregazione di suore locali .
Hanno insegnato nelle scuole elementari , medie e secondarie mirando alla
promozione umana come anche nelle scuole professionali di economia domestica ed infermieristica . Si sono presi cura degli orfani
in tutte le loro missioni.
Hanno prestato servizio nei dispensari
,nelle infermerie ,sparse nei villaggi,i
dove in tantissimi arrivavano, da
lontano, bisognosi di tutto.
Ad oggi è ancora cosi … Che forza e che testimonianza queste
suore ! Sono tante, per lo più anziane ,
quelle che abbiamo incontrato ;è
stato interessante ascoltare la loro vita ricca di
esperienze.. . ogni suora è come un bel libro scritto in tanti anni con
la loro dedizione al Signore.
Il mio istintivo
affetto va a Suor Joyce , la
fondatrice della Nyumba ya furaha ( “casa della gioia” ) e alle sue meravigliose bambine orfane, tutte ora , serene e felici dove studiano ,
cantano e danzano …
Non è difficile cogliere che le suore della Consolata , comunemente chiamate “SISTERS” dalla gente ,
hanno generato in tante situazioni d bisogno, di umanità ferita,
una vera gioia . Mi pare di rivedere in loro il passaggio di Gesù che
toccando guariva i malati e li rilanciava nella vita contenti di essere stati
guariti.
C’è una gioia che si
tocca con mano, la cogli dalla luce dei volti di tanti toccati dal loro amore , certamente da un’amore
autentico, perché esso trasforma tutto
ciò che incontra, fa nuove le situazioni, sa generare vita nuova .
Consolata da queste
suore, parte della Tanzania , oggi
, è risorta a vita nuova com’è giusto
per ogni creatura fatta ad immagine e somiglianza di Dio. Non è questo il Regno
di Dio in terra ?
Rosanna
Moretti
Il mio viaggio in Tanzania
Semplicemente meraviglioso il ricordo della mia visita alla
NYUMBA YA FURAHA ( casa della gioia ) ad Iringa , Tanzania.
Una visita che mi ha regalato la gioia di condividere giorni
di pura felicità e semplicità con le fanciulle della casa della dolcissima suor
JOSELICE .
Come dimenticare una serata iniziata catturando con la mia
fotocamera una smorfia abbozzata sul
volto simpatico di Silvia e poi via via sempre più smorfie dalle altre piccoline che si
divertivano cosi tanto nel rivedersi sul display della macchinetta digitale
stupite del loro stesso viso ,mentre le
ragazze più grandi ci preparavano del mais bianco sulla brace ?
O come dimenticare pomeriggi interi a giocare a nascondino
cercando di imparare la loro lingua ( Swahili )
per meglio capirsi e scoprire che il nostro stare bene insieme parlava già una lingua superiore a tutte le altre ?
No , non si può più dimenticare . Nella NYUMBA YA FURAHA c’è
una gioia che cambia la vita e allora :
ASANTE SANA , MUNGU AKUBARIKI ! ( grazie infinite , Dio vi benedica )
Maura Di Martino ( Missio Ragazzi )
La vita....e la morte in Africa
E' proprio vero che in Africa ci lasci un pezzo di cuore. Sarà per la sua maestosità, per gli elefanti e i baobab, per le strade interminabili che collegano le città attraversando distese sconfinate, sarà per i bimbi che affollano le strade colorandole con le loro divise mentre allegri vanno a scuola, ma... l'Africa non si può descrivere con poche parole. In un giorno di pioggia torrenziale, dal nostro rifugio di fortuna, vediamo ragazzi che tornano a casa con le scarpe in mano e i piedi nudi nel fango, donne che con la zappa in spalla vanno verso le loro piccole dimore fatte di mattoni crudi e tetti di paglia, case fatte di niente, niente per terra, niente alle pareti, niente per dormire, niente per morire. In mezzo a tutta quella pioggia, arroccata su una piccola scarpata una casetta e una famiglia semplice. Arriviamo con gli infermieri del dispensario. C'è un uomo malato di tumore sul suo pagliericcio che impotente e sofferente aspetta la morte. Certo la morte è uguale dappertutto, ma in alcuni posti è difficile anche morire. I nostri malati soffrono tanto, ma sono confortati da medici e medicine,in Africa c'è solo l'amore delle persone care. Lasciamo quell'uomo, la sua casa e la sua povera famiglia e riprendiamo il nostro viaggio. Sulla stada ci ferma una tartaruga che lentamente la attraversa. Non si cura del nostro fuoristrada ne' di noi che veniamo da lontano e continua a camminare piano. forse anche noi come lei dovremmo rallentare un po' il passo e chiederci dove stiamo andando perchè ancora nel 2012 c'è chi mangia una sola volta e chi ancora muore di fame. Non dovremmo più lamentarci di quello che ci manca ma ringraziare il Signore per quello che tutti i giorni ci dona, imparare a condividere e fare più attenzione ai bisogni dei più deboli. Solo così un giorno, forse, saremo tutti felici sotto lo stesso grande cielo.
Rosanna De Filippis
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